Recensione di Momenti della prosa italiana dal Tre all’Ottocento… lectio magistralis su Giovanni Verga al Teatro Eliseo il 17 febbraio 2020
Con la terza ed ultima tappa del ciclo di appuntamenti sulla prosa italiana, aventi luogo al Teatro Eliseo, il noto linguista Luca Serianni ci traghetta nelle opere di Giovanni Verga dopo un ricco percorso iniziato dal Trecento Italiano. Tre momenti importanti nell’evoluzione della lingua e della letteratura italiana sono stati sviscerati con la consueta competenza, eleganza e ironia da parte di Serianni. Dopo il primo appuntamento dedicato al Decameron di Boccaccio, lo scorso incontro di gennaio era stato dedicato al “primo romanzo moderno” italiano: I Promessi sposi.
E’ stato affrontato il rapporto tra la prima stesura in assoluto intitolata Fermo e Lucia e le edizioni successive dei Promessi sposi. Particolare spazio è stato riservato al ruolo del narratore onnisciente che interviene con distacco ed ironia nelle vicende narrate. La trattazione dei Promessi sposi si è rivelato un presupposto necessario per la comprensione del rinnovamento delle forme del romanzo e della novella ad opera di Verga alla fine dell’Ottocento. L’analisi della prosa di Verga è incentrata sulla novella Rosso Malpelo che appartiene alla raccolta Vita dei Campi.
Avviene un costante raffronto tra la prima edizione del 1880 e l’ultima del 1897 attraverso stralci delle due diverse stesure, in cui viene messa in evidenza l’evoluzione e il ripensamento di alcune espressioni e posizioni dell’autore. Il pubblico in sala, stimolato dalla proiezione su uno schermo degli estratti della novella scelti da Serianni e distribuiti anche su carta, ha accolto con entusiasmo e partecipazione la spiegazione. La trama è ben nota ai più: Rosso Malpelo è il soprannome di un preadolescente costretto a lavorare nelle miniere della Sicilia del tempo, così denominato per i capelli rossi, considerati dalla comunità un elemento che connota negativamente la personalità di chi li porta. Molti aspetti emergono dall’analisi testuale, in primis la narrazione corale della comunità in cui è calato il bambino, eliminando il narratore in senso tradizionale: la componente narrativa e l’autore si fondono in un’unica voce, sfumando i loro confini. Siamo agli antipodi del narratore onnisciente di stampo manzoniano, invece coinvolto e partecipe emotivamente all’interno della narrazione. Alla comunità esterna sono affidate anche le valutazioni di tipo pratico o morale, prevalente è il loro punto di vista, anche se in qualche frangente è impossibile non intercettare il pensiero dello stesso Verga. Dai discorsi della collettività s’impone prepotentemente una visione della vita umana basata sulla sofferenza, sull’ingiustizia, sulla solitudine, sull’utilitarismo, condizione che il piccolo Malpelo subisce quotidianamente. Persino sua sorella e sua madre si mostrano anaffettive nei suoi confronti.
La lingua utilizzata non è il dialetto siciliano ma si modella sul suo linguaggio e sulle sue strutture sintattiche, giungendo ad un punto di rottura con il romanzo manzoniano in cui Lucia, nell’ “Addio monti”, si esprimeva ricorrendo alla lirica, in modo poco aderente al suo personaggio. Lo sfondo sociale, in cui si colloca la novella, si basa su dati di realtà riportati nell’inchiesta del ministro Sonnino sul lavoro minorile nell’Italia postunitaria. Verga conosce il francese Zola e le sue opere di stampo naturalista, anche se l’autore verista non prende posizione di fronte all’accusa di denuncia sociale tipica del Naturalismo, quando il critico Filippo Filippi attribuisce alla novella su Malpelo lo scopo di farlo passare come martire del lavoro.
L’incontro tra teatro e letteratura ha mostrato tutta la sua efficacia richiamando una numerosa affluenza di pubblico. In sala presenti non solo esperti del settore, ma anche fruitori potenzialmente interessati ad una proposta culturale poco consueta e quindi stimolante. Decisamente apprezzabile quindi l’dea di rendere gratuiti questi incontri facilitando la divulgazione di una cultura altrimenti poco accessibile.
Mena Zarrelli
23 febbraio 2020