Giovedì, 21 Novembre 2024
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Silvia Dalla Benetta: il coraggio di credere nell’Arte

La signora Dalla Benetta è sicuramente uno dei soprani più stimati dagli appassionati dell’opera. 

Premio Abbiati 2021 per la Lady del ‘Macbeth’, andato in scena nella edizione  francese del 1865 al  Festival Verdi 2020 a Parma diretta dal M° Roberto Abbado, la raggiungiamo a Trieste, dove si prepara per andare in scena con lo stesso titolo, nella più tradizionale versione italiana.

Una lunga carriera, con una impegnativa gavetta, che ha portato ad una maturazione della voce, cresciuta, grazie ad una  tecnica solidissima, arricchendosi in peso e colori, senza perdere una grande estensione, legati prodigiosi,  acuti infallibili. La nota distintiva è essere artista a tutto tondo, capace di costruire i personaggi con passione, verità, coraggio. Dotata di un grande carisma ma anche  pronta, con  umiltà e coraggio, a mettersi in gioco ogni volta che affronta un personaggio,  facendo arrivare in sala la sensazione di essere davanti ad una artista capace di vivere intensamente le tappe di un grande percorso musicale, senza sedersi mai sugli allori. Una carriera di grandissimo respiro, costruita con severità e passione, lavorando moltissimo su uno strumento prezioso che negli anni è passato da un repertorio di coloratura a quello drammatico ed un repertorio vastissimo, che la cantante intende continuare ad ampliare. Ma andiamo con ordine. Prima di tutto gli studi.

 

Dopo il diploma  al Conservatorio “Benedetto Marcello” di Venezia, lei ha seguito moltissimi corsi di perfezionamento  con alcuni fra i più titolari artisti del secondo Novecento: Romano Gandolfi, Aldo Ceccato, Stella Silva, Mirella Parutto, Alida Ferrarini, Iris Adami Corradetti, Luciana Serra, Denia Mazzola, Sherman Lowe, Renata Scotto. A chi di loro si sente più legate e perché?

Sinceramente sono legata a tutti coloro con cui ho potuto lavorare e crescere, docenti di canto, direttori d’orchestra e registi… ogni consiglio è prezioso ancora oggi. 

 

Quello con Macbeth è un ritorno a Trieste, dove ha cantato in molte occasioni. Ha qualche ricordo particolare legato al Teatro Verdi?

la prima immagine che ho del teatro se chiudo gli occhi è la vista sul molo audace dal mio camerino… è stato emozionante dopo 11 anni potermi riaffacciare di nuovo a quella finestra.

Il suo repertorio è amplissimo. Gli inizi della sua carriera l’hanno vista trionfare con un repertorio d’agilità. Ricordo, solo per fare qualche esempio, una intensa ‘Lucia di Lammermoor’, un pirotecnico ‘Turco in Italia’, una elegantissima ‘Semiramide’. Lei non ha mai sacrificato la costruzione del personaggio per i virtuosismi vocali. Quanto è complesso riuscire a far convivere l’infallibilità tecnica con la volontà di essere credibili scenicamente?

Non ho mai pensato i personaggi lontani dal mio modo di essere perché porto in ognuno di essi parte della mia vita quindi per me attualissimi ogni volta… prima di tutto mi metto a servizio di ciò che il compositore chiede poi utilizzo la tecnica per consolidare certi passaggi complessi e infine mi abbandono calandomi psicologicamente nel personaggio e quella mi creda è la ricerca più bella…l’utilizzo della parola a servizio della musica e dell’espressività . Ha ragione il mio percorso va da soprano coloratura, belcantista e ora drammatico di agilità con numerosi titoli rossiniani e verdiani … è stato un percorso avvenuto in modo naturale senza forzature. 

 

Uno dei titoli  in cui è diventata un assoluto riferimento è sicuramente Violetta Valery. Cosa le piace di più di questo personaggio e cosa invece  sente più lontano da lei?

Traviata è stato uno dei titoli che più ho amato ricordo certe frasi che mi facevano rabbrividire “gran Dio morir si giovine” “dite alla giovine sì bella e pura” ho pianto tanto con quel personaggio e mi creda non è facile cantare quando l’emozione ha quasi il sopravvento… sinceramente nessun personaggio é lontano da me perché credo ciecamente in ciò che dico e faccio in quel momento. 

 

Nella sua carriera ci sono perfino delle incursioni nel mondo dell’operetta: è stata una magnifica Hanna Glavary della ‘Vedova Allegra’. E’ stato  difficile affrontare un ruolo così articolato, con arie complesse, tanta recitazione di prosa, momenti di ballo?

Devo  dire che l’operetta è arrivata di pari passo con l’opera già da i miei esordi… è stato un ottimo esercizio per acquisire sicurezza, purtroppo a volte l’operetta viene sottovalutata, ma non dalla sottoscritta perché ci si deve cimentare nell’arte del canto della recitazione e del ballo, impossibile cedere alla staticità…ho imparato molto da questi personaggi.

 

Recentemente Rossini ha un ruolo importante nella sua carriera, grazie anche alla collaborazione con il Festival Rossini di Wildbad. Cosa le piace in modo particolare della musica del maestro pesarese e quali  saranno le prossime  tappe?

Meraviglioso Rossini per tutti i ruoli Colbran che ho potuto fare… sono stata fortunata perché grazie al festival di Vildbad ho potuto acquisire una bellissima e importante discografia lavorando con grandissimi maestri tra cui Gelmetti… dopo la Zelmira mi propose la Lady e mi disse: “cerco un soprano che arrivi dal bel canto e che sappia fare bene il Rossini drammatico“ e questo fu il suo grande regalo di volermi nel cast e farmi debuttare in questo ruolo impervio, ma meraviglioso. 

 

Ha spesso lavorato anche con Henning Brockhaus, il regista del Macbeth triestino.  Cosa le piace di questo uomo di spettacolo cosi raffinato ed originale?‘

Adoro Brochause ho fatto una sua meravigliosa Traviata e recentemente, qualche anno fa, una Micaela a Liegi… È bellissimo costruire il personaggio con lui, è una persona con una grandissima esperienza e conoscenza, un pozzo da cui attingere il più possibile per saziare la mia sete di conoscenza e curiosità.

 

Spesso si ascoltano grandi discussioni fra i sostenitori delle regie tradizionali  e quelli che aprono volentieri alle visioni più moderne. Peraltro personalmente ricordo una sua iperbolica Giulietta a Trieste in un allestimento di uno  degli enfant terrible del melodramma: Damiano Michieletto. Come si pone all’interno di questo  dibattito?

Ho  un bellissimo ricordo di quella Giulietta.
Rispetto il lavoro di ognuno, quindi le idee di ogni regista… A volte mi sono trovata nell’imbarazzo di dover cantare frasi con atteggiamenti fisici completamente opposti a ciò che stavo esprimendo. In quel caso diventa più difficile, ma se le cose hanno una giustificazione cerco di modificare anche l’espressività del mio canto e alla fine diventa uno stimolo e una ricerca che apre numerose nuove possibilità .

 

Lei ha interpretato in più occasioni opere in forma di concerto. Com’è interpretare un ruolo senza il supporto di   una messa in scena ?

Per  me il canto è personaggio, energia, sofferenza, gioia, emozione…non è così necessario riempire lo spazio attorno a me…

 

A quale  dei suoi spettacoli  è più legata? Ce n’è qualcuno a cui ,col senno di poi, avrebbe preferito non partecipare?

Sono  molto legata a Semiramide e alla Lady , ma non rinnego nulla di tutto ciò che ho fatto, bello o brutto che sia fa parte di una crescita.

 

Arriviamo a Macbeth. Diciamo subito che sembra incredibile che una nonna affettuosa, che pubblica con entusiasmo su facebook le foto dei magnifici nipotini, riesca a trasformarsi in una spietata Lady, credibile, sanguinaria. Cosa le piace di questo personaggio e che cosa la preoccupa di più?

Sono  la nonna più felice del mondo la mia Opera più bella è stata mia figlia che mi ha regalato una gioia immensa con due gemellini meravigliosi.
Diciamo che questa lady è il personaggio in assoluto più complesso, a livello emotivo e anche vocale … ho dovuto scavare nel mio profondo per trovare certe emozioni che forse nemmeno mi appartengono, ma che tirano fuori una parte di me prima sconosciuta, intrigante e spaventosa per la sua brutalità, perché mi spinge ad essere qualcosa che probabilmente nella vita non potrei mai immaginare nemmeno lontanamente.
Ho scoperto cosa si prova a brindare, diversamente da Violetta, con una coppa piena di sangue, ebbra di una follia demoniaca fredda e strisciante … L’unico personaggio “asessuato” che ho costruito, che non sa amare… in lei non esiste amore… Una sfida molto stimolante.

 

Che differenza c’è fra la versione francese del 1865, per la cui interpretazione ha ricevuto il premio Abbiati e quella italiana che si prepara ad interpretare al Verdi?

Una  differenza enorme, cambia il fraseggio a volte cambiano anche le parole quindi la modalità di interpretazione… ho trovato molto più serpe la Lady francese forse grazie anche a questa lingua morbida che rende ancora più facile i sussurri i colori cupi quasi striscianti che sprofondano nel suolo… mentre la lady italiana ha le unghie più affilate grazie alla parola che è più graffiante e porta quindi a un fraseggio molto diverso… Meraviglioso potersi cimentare con lo stesso personaggio su due espressività diverse, sempre inferno, ma uno silenzioso e soffocato e l’altro più infiammato.

 

Il ruolo di Lady Macbeth  è molto intenso, qual è il momento che lei più ama e perché?

Sinceramente  non trovo nessun momento che mi faccia dire: è il più interessante… Incredibile, ogni frase ogni parola provoca in me qualcosa di agghiacciante ed è un vortice che mi risucchia sin dal mio ingresso fino alla mia uscita.

 

Oltre ad essere una  vera primadonna del palcoscenico, lei è anche una stimatissima insegnante, proprio al Conservatorio di Venezia, dove anche lei si è diplomata.  Come si trova in questo ruolo e cosa ritiene importante trasmettere ai suoi allievi?

L’insegnamento è sempre andato di pari passo con il mio studio, insegno da quando avevo 19 anni… per me è importante e bellissimo insegnare oltre che la tecnica del canto anche l’umiltà e la gratitudine, perché è un privilegio poter fare questo lavoro meraviglioso, niente divismi, niente capricci, ma solo un grande amore e rispetto verso un patrimonio inestimabile.

 

Quale personaggio che ancora non ha cantato le piacerebbe interpretare presto?

Le  regine Donizettiane oppure Donna del lago Rossini o Vespri siciliani… ho moltissimi ruoli in repertorio, ma sono sempre curiosa e stimolata da nuove avventure

 

Oltre ad essere una magnifica artista lei è anche una grande donna. Quanto la musica le è stata amica e sostegno nei momenti meno semplici della vita?

 Questa  è una storia un po’ lunga e dolorosa che ho raccontato molto tempo fa… diciamo che il canto è stato la mia salvezza e della mia famiglia …e mi salverà sempre. Credo che sia importante cercare di guardare all’arte come strumento di salvezza dai dolori e dalla mediocrità del nostro tempo.

 

La ringrazio moltissimo per la sua disponibilità a farsi tormentare dalle mie domande e chiudo con l’ultima: quali sono i suoi sogni? Cosa vorrebbe nel suo futuro?

Se il mio futuro, spero il più lontano possibile, sarà quello di dedicarmi esclusivamente all’insegnamento, sarà un futuro dove godrò ancora di più della vicinanza degli affetti familiari, circondata anche dai miei numerosi animali, ritornerò a dipingere (il mio primo amore, l’ho coronato con l’Accademia di Belle Arti, sempre a Venezia) per raccontare sulla tela i miei personaggi, le mie emozioni. Ho ripreso la tavolozza in mano in tempo di pandemia con Semiramide, Lady e Abigaille e appena rientrerò a casa avrò ancora molte cose da dire, sulle tele bianche, di questa Lady. Mi dedicherò al mio giardino, alla mia passione per ciò che la natura offre, alla quale già mi dedico molto e poi chissà… qualcosa accadrà… Perché non mi siedo ad aspettare, ma corro sempre alla ricerca di qualcosa…

 

 

Gianluca Macovez

22 gennaio 2023

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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