Terminata da pochi giorni la rappresentazione a Roma al Teatro Marconi de Il berretto a sonagli, di Luigi Pirandello, l’attore e regista Antonello Avallone sarà presente il 27 Luglio al Festival della Versiliana, con il medesimo spettacolo. Avallone ci racconta il suo Pirandello parlandoci anche della sua visione, senza compromessi, di teatro dove la ricerca della qualità e la comunicabilità di emozioni sono due perni insostituibili.
Iniziamo con un’affermazione. È stato importante ricominciare ed esserci
Si, e aggiungo: ricominciare nel modo più giusto possibile, perchè il rientro è stato voluto e ho cercato di fare del mio meglio. Nonostante i limiti della situazione, abbiamo mirato comunque alla qualità anche come tipologia di progetto, ovvero portare in scena Il berretto a sonagli connotandolo con la mia visione di teatro, costituita da rigore e ritmo.
Infatti ciò che è emerso è l’attenzione riservata alla ritmica
È una costante dei miei spettacoli: da Scarpetta a Woody Allen. Dare ritmo non vuol dire correre ma impartire un certo movimento sia alle parti più drammatiche che a quelle comiche. Nello specifico, Pirandello viene spesso considerato noioso, ma la verità è che lo si rappresenta noiosamente. Io cerco di cogliere l’ironia di personaggi che, pur essendo nati più di cento anni fa, sono attuali e fanno ancora sorridere.
La scelta di trasporre la partitura originale, ambientata in Sicilia, in territorio campano è dettata dalla sua volontà di rifarsi alla versione di Eduardo De Filippo?
Esiste una versione di Eduardo completamente in napoletano, abbastanza “stretta”. Io ho voluto colorare la rappresentazione originale con certe espressioni napoletane per una maggiore fruibilità. Non è la versione di Eduardo ma ho comunque voluto richiamarla e omaggiarla in alcuni passaggi.
E a proposito di ritmo, l’inflessione napoletana ha reso più fluida e melodica la trama narrativa..
Sicuramente, anche per strappare un sorriso. Pirandello infatti è estremamente ironico però sembra sempre che il pubblico si senta in errore, quasi in colpa nel sorridere con lui. Ho provato quindi a restituire un colore diverso, “rubandolo” a Eduardo, per mettere a proprio agio lo spettatore autorizzandolo anche alla risata.
Lei ha riservato, in qualità anche di regista, una particolate attezione alla corporeità dei personaggi che riuscivano a comunicare anche senza necessariamente parlare.
Amo molto l’armonia dei movimenti: nella vita, tutti noi ci muoviamo a tempo con quello che diciamo. Quando ci si trova a riprodurre parole che non appartengono all’interprete, ma solo al personaggio, non è facilissimo farlo con spontaneità. Quello che mi interessava era sincronizzare quei movimenti, costituiti da diagonali e semicerchi, e lasciare fossero questi a contribuire allo sviluppo della scenografia. Ovviamente il movimento deve essere coerente con la narrazione. Nel monologo finale di Ciampa, per esempio, troviamo una certa fissità, in linea con il tenore emotivo di quella situazione. Due elementi mi hanmo aiutato nel mio ruolo di regista: l’essere stato un batterista e l’essere un matematico, per cui l’equilibrio è fondamentale sulla scena, perchè deve essere tutto a tempo e armonico. Lo spettacolo è un piccolo concerto dove cerco di restituire al pubblico l’emozione che ha suscitato in me una certa lettura. È semplicemente il nostro mestiere.
Le false partenze dovute al Covid come hanno inciso sul fattore artistico e umano?
Al momento stiamo cercando di ripartire per vedere cosa succede: sarò ospitato tra breve al Festival della Versiliana con il medesimo spettacolo e sono molto contento. La mia intenzione è di suscitare interesse e divertimento. Pirandello, infatti, se fatto bene, oltre ad essere molto attuale è altrettanto godibile. Io credo ancora nella proposta di qualità. Ci sono troppi spettacoli, infatti, che sono vendibili solo se nel cast c’è un personaggio noto, non importa poi se non sappia recitare, purchè sia immediatamente riconoscibile. Personalmente non ci tengo a rovinare i miei spettacoli con qualcuno che appare senza essere. Non sono interessato a riempire le piazze con i personaggi del momento che magari hanno due giorni di teatro alle spalle: preferisco vendere di meno ma essere coerente con il mio credo artistico orientato alla professionalità ed esperienza dei miei attori. Con il teatro non puoi mentire. A differenza dello sceneggiato o del film dove provi la stessa scena finchè non viene bene, a teatro emerge subito se sei un professionista o no. Io ancora studio i grandi del teatro, come Romolo Valli, “prendendo” le loro peculiarità in termini di intonazioni, movimenti e sguardi, per poi sintetizzare tali segmenti all’interno uno stile personale.
Simone Marcari
8 luglio 2021