In scena con Shake Fools fino al 13 ottobre, Manuela Tempesta e Giovanni Maria Buzzatti parlano del loro ultimo spettacolo che vede in scena lo stesso Buzzatti, Enrico Franchi, Mavina Graziani, Giglia Marra ed Emanuele Guzzardi
Il testo che avete portato in scena è particolarmente crudo e impegnativo, qual è stato il processo di scrittura che avete seguito?
M. T. “È vero, si tratta di un testo impegnativo ed è stato difficile scriverlo. Io vengo già da altri lavori che hanno affrontato temi di scottante attualità, ma questa volta volevamo cimentarci con qualcosa di nuovo e che già aveva attirato la nostra attenzione, ovvero la storia dei manicomi, anzi degli ex-manicomi oggi definite ‘case di cura’, ma che nel ‘900 ospitavano non solo persone che avevano problemi mentali ma anche indigenti o persone etichettate come ‘diverse’, tipo gli zingari che erano considerati la feccia della società ma che, in realtà, ieri come oggi sono portatori di un mondo e di una cultura diversi dai nostri ma sempre tali.
Alla stesura finale ci siamo arrivati documentandoci molto, leggendo e ascoltando le storie di persone che erano state rinchiuse in questi posti o che conoscevano chi lo fosse stato. Questa ricerca ci ha spinto a unire i temi universali trattati nelle opere di Shakespeare ai fatti di cronaca della nostra attualità: anche il Bardo traeva spunto da personaggi e storie realmente esistiti e noi abbiamo preso i suoi personaggi catapultandoli nel nostro presente e abbiamo scoperto come avessero ancora molto da comunicarci perché sono estremamente attuali. Il fil rouge che unisce le diverse storie tra loro è quello della follia che dai tempi di Shakespeare non si è mai estinta, ma che è ancora presente nell’uomo e con cui dobbiamo imparare a fare i conti.
Giovanni tu hai affrontato lo spettacolo in due vesti, quelle di regista/autore e quelle di attore. Come sei riuscito a muoverti nei due ambiti?
G.M.B. In quanto autore, come ha detto Manuela, mi sono ispirato a fatti della cronaca recente che riguardassero la follia dell’essere umano e, insieme, li abbiamo mischiati ai testi shakespeariani. Come attore, per interpretare i vari ruoli, mi sono lasciato ispirare dai protagonisti di quegli stessi fatti di cronaca: il personaggio dello zingaro Learich, per esempio, l’ho ripreso da un lavoro precedente e l’ho sviluppato e riadattato in base alla nostra attività di documentazione e ricerca sulle comunità Rom presenti a Roma. Molti di loro vorrebbero integrarsi e rendersi utili alla società lavorando, ma vengono ghettizzati ed esclusi a priori. Anche il personaggio di Otello è ispirato all’episodio di cronaca che ha visto coinvolto il membro di un clan: si era innamorato di una donna e quando si sono lasciati lui ha dato di matto commettendo un omidicio. Queste storie vere mi hanno aiutato a conferire maggiore realismo ai miei personaggi. Inoltre, Manuela mi ha aiutato molto nella resa scenica perchè insieme abbiamo limato alcuni aspetti e donato maggiori sfumature ai diversi caratteri. La fatica maggiore è stata sicuramente il cambio repentino dall’uno all’altro personaggio.
Immagino non sarà stato molto facile trovare il cast giusto che accettasse di portare sul palco dei personaggi così profondamente complessi. Come vi siete orientati nella scelta degli attori?
M.T. Prima di tutto speravamo nell’entusiasmo di ciascuno di loro. A noi serviva che fossero disposti ad abbracciare il testo in toto, a buttarvisi a capofitto e a scommetterci insieme a noi. Naturalmente era necessario che avessero anche una certa formazione artistica e una certa esperienza, ma in realtà anche per noi è stata una scommessa, perchè ci interessava sperimentare e portare a teatro un nuovo tipo di drammaturgia. Giovanni ovviamente è stata la prima scelta per il ruolo di Otello, mentre Giglia Marra, la nostra Lady Macbeth, già la conoscevo perchè abbiamo girato un cortometraggio insieme e mi è apparsa un’ottima potenzialità inserire una persona con un background televisivo a teatro. Emanuele (Guzzardi), il nostro Amleto, l’abbiamo provinato. Devo dire che abbiamo cercato molto prima di incontrarlo, ma quando l’abbiamo visto recitare abbiamo capito che aveva voglia di mettersi in gioco insieme a noi. Enrico Franchi, il nostro folle, ha alle spalle da una grandissima carriera teatrale e ha intepretato molte opere di Shakespeare e poi con la sua mimica e la sua capacità di spaziare tra diverse tonalità di voce è riuscito a restituire al pubblico quella comicità grottesca che richiedevamo al suo personaggio. Invece, Mavina (Graziani) è stata una completa scommessa: volevo inserire una persona giovane nel cast, un volto nuovo e lei ha accettato di buttarsi a capofitto nel testo. Ho cambiato diverse volte l’impostazione dei suoi personaggi in modo da poter sfruttare tutte le sue corde comiche unendole alla sua bellissima presenza scenica e ho giocato proprio sul binomio femminilità/comicità. Mi spiace che alla prima avesse 38° di febbre, però non ha voluto rinunciare: alla fine cercavo proprio delle persone che mettessero l’anima nel progetto e così è stato.
Il tutto sottolineato dalla colonna sonora di Vincenzo Incenzo...
M.T. Sì, è stato bellissimo. Vincenzo è un autore immenso ed è stato un elemento prezioso per noi. Ci conoscevamo perché per il video della sua ‘Prima di qualunque amore’ mi ha chiesto di usare le immagini del mio corto ‘I sogni sospesi’ e sono stata felicissima di questa sua richiesta. Da qui poi è nata la voglia di unire le forze in un progetto comune e questo spettacolo ce l’ha permesso. È venuto ad assistere alla prima dello spettacolo e fino alla fine ci ha dato tanti consigli su come rendere al meglio la messinscena.
Non è passata inosservata nemmeno la collaborazione con Equilibra, azienda che produce integratori alimentari e cosmetici a base di prodotti naturali. In che modo l’azienda è stata coinvolta nel progetto?
M.T. Avevo già realizzato degli spot televisivi per Equilibra, che ha anche finanziato il corto ‘Cristallo’, quindi già c’era stato un rapporto di collaborazione. Inoltre, anche loro, come me e Giovanni, sono particolarmente attivi nel sociale e mandano avanti diversi progetti, come quello presentato durante questo spettacolo che impegna le scuole di tutte le regioni italiane nella lotta contro qualsiasi tipo di violenza. La collaborazione nasce proprio dalla condivisione di questi progetti e dalla necessità di portare all’attenzione dei giovani generazioni certe tematiche.
Tornando allo spettacolo, perchè la scelta è ricaduta sulle opere di Shakespeare?
G.M.B. Perchè Shakespeare ha saputo cogliere la vera natura umana e, anche a distanza di più di 500 anni, i personaggi delle sue opere risultano molto attuali. Ci ha impressionato la coincidenza delle tematiche affrontante: nei rapporti che sussistono tra i suoi personaggi è possibile ravvisare le stesse dinamiche che osserviamo oggi nell’essere umano, e che lui racconta attraverso i suoi Macbeth, Otello, Amleto o Re Lear. Nella sua opera è racchiusa l’universalità del carattere umano come la violenza nel voler sovrastare l’altro o il comportamento irrispettoso verso la natura, e per questo siamo riusciti a integrare in maniera fluida nel testo anche intere citazioni dai suoi drammi e, nonostante il linguaggio ‘arcaico’, non ci sembra che il pubblico ne abbia risentito.
Il pubblico in sala, infatti, sembra aver molto apprezzato il vostro lavoro. Pensavate di essere accolti così calorosamente? Credete che il messaggio che volevate comunicare sia arrivato forte e chiaro?
M.T. Il pubblico, lo sai, decide tutto delle sorti di uno spettacolo, è l’ultimo regista e noi speravamo di provocare quell’entusiasmo che poi ci ha dimostrato in sala. Lo spettacolo sta riscuotendo successo e sta facendo parlare di sè anche tra i non addetti. Fa piacere riuscire a indurre il pubblico a riflettere e interrogarsi sulle tematiche affrontate, ma speriamo anche di emozionarlo. In quanto autori e registi, condividiamo un obiettivo comune molto alto e importante, e su questo spettacolo abbiamo scommesso molto osando molto. Sicuramente ci sono molti margini di miglioramento e ci lavoreremo ancora sopra, ma siamo molto felici del risultato che stiamo ottenendo.
Diana Della Mura
12 ottobre 2019