Lunedì, 16 Settembre 2024
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Giorgia Mazzucato. Due o tre cose su di lei, sul teatro e sullo spettacolo "Viviamoci"

#andiamoateatro
Intervista a Giorgia Mazzucato in scena al Teatro Studio Uno con "Viviamoci" dal 22 al 24 gennaio 2016

 

 

Come e quando s'incontrano Giorgia Mazzucato e il teatro?

Il primo vero incontro avviene in un liceo scientifico di Padova. Ero in prima superiore e stavo assistendo, senza troppe pretese e aspettative, alla messa in scena dello spettacolo preparato dal gruppo del laboratorio teatrale dell'istituto. Succede in me qualcosa di inaspettato, e la sensazione straordinaria che mi ricordo è quella di sentire i miei occhi illuminarsi, ingrandirsi, diventare più capaci (sia nel senso di più abili, che nel senso di più capienti).

Da quel giorno in avanti mi capitava, tra le varie attività della giornata, di assentarmi mentalmente da dove mi trovassi e cominciare a viaggiare con la fantasia, immaginandomi lì sopra a indossare costumi, parlare, ridere, stupirsi e raccontare storie. Da quando mi sono iscritta, il regista, l'Andrea Pennacchi che sarebbe poi diventato il mio primo grande Maestro, mi ha spronato a scrivermi da sola dei brani, da provare, lavorare e portare in scena. Così ho fatto, e parallelamente agli spettacoli della scuola che andavano in scena, e poi contemporaneamente alla Laurea triennale e Magistrale in Dams a Bologna, ho cominciato la mia strada da autrice e attrice di monologhi.



Nell'estate 2015 abbiamo potuto apprezzare al Fringe Festival di Roma il lavoro fatto con "Guerriere", su questo principio fine di inverno lampo 2016 ti ritroviamo al Teatro Studio Uno con "Viviamoci", come nasce ed evolve questo testo, tra le tante cose, molto apprezzato anche da Dario Fo?

"Viviamoci", più di ogni altro mio spettacolo, ha una "Vita" propria. La prima messa in scena risale all'aprile 2012, e se paragoniamo il testo di quella performance a quello delle repliche di questi giorni al Teatro Studio Uno, credo che troveremmo in comune solo qualche preposizione e qualche articolo . Scherzi a parte, "Viviamoci" inizialmente era tutto un altro spettacolo, fatto di singolo monologhi indipendenti e a sè stanti, aventi come unico comune denominatore un urlo innamorato per la Vita. Era un momento particolare della mia Vita in cui sentivo dentro un magma ribollente di parole e storie da raccontare e condividere. Crescendo e maturando come donna e come attrice, gran parte del testo è cambiata, seguendo me, i miei viaggi e la mia sensibilità. Si sono create nuove storie, e soprattutto si sono intrecciate l'una con l'altra, rendendo lo spettacolo più organico e narrativamente coinvolgente. "Viviamoci" è il primo spettacolo scritto, diretto ed interpretato da me, e sin qui è stato sicuramente il più difficile da gestire. Il testo contiene miei brani scritti alle medie, altri alle superiori, altri all'Università e altri ancora di recente: organizzare e mettere in forma frammenti così diversi in un unico mondo è stato tanto difficile, quanto affascinante. Proprio come una creatura, il testo e i suoi personaggi, hanno sgomitato molti anni per trovare quel loro giusto spazio tra storia ed interpretazione, che ora, per fortuna, c'è. In "Viviamoci" non vi sono storie vere realmente accadute a me, ma sicuramente esperienze ed emozioni reali hanno impregnato il testo in modo indelebile. Inoltre, a livello registico, lo spettacolo si è fatto influenzare da sfumature particolari create dall'incontro di grandi Maestri, e dai loro suggerimenti. Sicuramente l'incontro con Dario Fo e Franca Rame, ha avuto un peso specifico notevole sul mio lavoro.

 

Una cosa interessante di questa pièce e che i frammenti comici al suo interno a un certo punto sono diventati indipendenti ed hanno dato vita a un'altro progetto a se stante, Capitan Vento...

Sicuramente, far ridere le persone è una delle cose che amo di più nella Vita, e dunque la parte comica con Capitan Vento è per me un momento molto bello all'interno dello spettacolo. Inoltre, essendo la comicità del gioco di parole un tipo di comicità particolare, per la quale la quantità e l'intensità delle risate cambiano da pubblico in pubblico, di serata in serata, per me è elettrizzante di volta in volta, sentire, percepire e capire il gusto, ogni volta diverso, degli spettatori in sala. Da qui ho deciso di estrapolare questo brano, aggiungere altri scritti che avevo da parte, e creare un unico testo comico fatto di giochi di parole: "Capitan Vento" è stato uno studio, ma presto arriverà un vero e proprio spettacolo.....
Infine, una cosa che mi piace sempre raccontare è che la mia abilità nello scrivere giochi di parole ha un origine e una velleità tutt'altro che artistiche: io ho cominciato a scrivermi delle storielle con i giochi di parole per ricordarmi sequenze di nomi alle interrogazioni in classe a scuola. Insomma, se non avessi avuto Professori tanto severi da chiedermi liste impossibili di parole e nomi, forse non ci sarebbe stato "Capitan Vento"!



Quanto hanno influito gli insegnamenti dei tuoi insegnati (Dario Fo, Franca Rame, Marco Baliani, Natalino Balasso, Massimiliano Bruno e Andrea Pennacchi) sul tuo stile e sul modo di porsi nei confronti del pubblico e del teatro stesso?

Sicuramente moltissimo. Dario Fo e Franca Rame mi hanno insegnato ad essere prima che un'attrice, una donna di teatro. Aver lavorato con loro mi ricorda che il teatro è sempre una proporzione rispetto alla Vita, che il teatro è un mezzo per raccontare, per informare e condividere. Il teatro non è più grande della Vita, perchè la Vita è l'unica cosa che c'è, ma il Teatro, può ugualmente rappresentarla tutta. Mi hanno ricordato che quello che conta è l'integrità e la coerenza, e che guardandosi negli occhi, tra attori e pubblico, si può fare cultura, si può fare rivoluzione. Grazie ad Andrea Pennacchi io ho cominciato a recitare, e da lui ho rubato la mia idea, forte, alla base del Teatro: dobbiamo raccontarci storie e parole, per rimanere umani. Da Marco Baliani e Massimiliano Bruno ho imparato meccanismi tecnici della narrazione, sfumature interpretative su monologhi e fioriture di storie. Da Natalino Balasso ho studiato dei trucchi comici, ma soprattutto ho conosciuto la forza dirompente di una "comicità arrabbiata", viva e bollente, che ti porta ad una risata che poi ti si strozza in gola. Altri miei Maestri poi sono stati Antonio Vulpio, Antonio Contartese e Luca Gnerucci, attori del Teatro a Molla, una compagnia di teatro di improvvisazione, dai quali ho studiato e imparato a non giudicare le mie idee in fase di creazione, ma di lasciarle giocare, ad essere una persona migliore sul palco, più serena, leggera e felice, in continuo contatto con il pubblico, per sentire le sue necessità, e per gustare la bellezza che insieme stiamo creando


Com'è stato collaborare con Roberto Vallicelli e in che modo ti ha arricchito far interagire con lui il piano visivo/attoriale/registico dell'opera con quello più strettamente musicale che non si limita semplicemente a fare da sottofondo a ciò che accade sul palco?

Roberto "Ominiostanco" Vallicelli, ha fatto un lavoro incredibile per "Viviamoci": ha creato uno spartito musicale dentro il quale la mia voce è un altro strumento. Il tutto è nato parlandogli dello spettacolo, facendogli intendere quali fossero le atmosfere e le necessità. Dopo aver fatto questo gli ho mandato le registrazioni dei brani recitati, e su queste lui ha composto la musica. Infine io ho compiuto l'ultimo passaggio, l' adattamento alla musica, cercando di far collimare ogni singola parola del mio testo ad ogni singola nota della sua musica. Andiamo costantemente a tempo, abbiamo una medesima intensità e un medesimo ritmo, talmente tanto che solitamente io per ripassare prima dello spettacolo, non leggo il copione, ma ascolto in silenzio la musica, dato che questa viaggia di pari passo con parole e trama.




Concludendo, un invito a tutti i nostri lettori romani e non.

Venite a "Viviamoci", non ve ne pentirete. Tanti dicono sia catartico.. Io lascio i commenti agli spettatori, ma vi dico che se vi piace ridere, riderete tanto; se avete voglia di piangere, piangerete un bel po'; se volete fare tutte e due le cose, farete tutte due le cose; se vi piace ascoltare delle belle storie, le ascolterete; se non volete fare nessuna di queste cose..beh, venite lo stesso, che ci sono delle belle luci e della bella musica! (sorride)




 

Fabio Montemurro
23 gennaio 2016

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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