Sabato, 23 Novembre 2024
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Francesca Benedetti, ci parla della Medea di Seneca per la regia di Paolo Magelli

Intervista a Francesca Benedetti che interpreterà il ruolo della nutrice nella Medea di Seneca, per la regia di Paolo Magelli, spettacolo che sarà in scena al Teatro Greco di Siracusa all’interno del XXI ciclo di rappresentazioni classiche che si terrà dal 15 maggio al 28 giugno 2015. 

Cosa rappresenta, a questo punto della tua carriera, questa nuova interpretazione di Medea?

Nel corso della mia carriera ho interpretato tre diversi punti di vista su Medea. Il primo, circa dodici anni fa, nel corso del festival di Taormina, per la regia di Menegatti, il secondo dieci anni fa, una Medea di Seneca con regia di Perlini e la terza, la Medea di Euripide con la regia di Lomonaco a Messina.

 

Si può dire quindi che ho recitato in tutte le Medee disponibili, giunta a questo punto delle mia carriera accettare il ruolo della nutrice e non della protagonista inizialmente non mi ha entusiasmato. Oggi però devo dire che sono più che soddisfatta della scelta. Fare la nutrice è una bellissima esperienza, anche perché l’attrice che intepreta Medea, Valentina Banci, ha un diverso approccio rispetto a quello che ho avuto io in passato. Nelle precedenti rappresentazioni nelle quali sono stata protagonista si metteva molto più in risalto il tema del rapporto fra bene e male e vi era una straripante personalità di Medea. Nella visione del regista Paolo Magelli invece ci troviamo davanti ad una Medea bambina che si innamora del grande eroe e che viene meno nelle sue prerogative di donna amante o di madre per mettere maggiormente in risalto il suo lato di straniera, di nomade, di una persona che arriva da un’altro paese e che non viene accettata nella società che trova. Nel mio ruolo di nutrice rappresento una sorta di spezzone della “vecchia” Medea, ovvero metto in risalto quel suo lato barbarico. 

Si tratta di una nutrice piena d’amore per Medea che cercherà di aiutarla a resistere in un mondo che rifiuta ciò che è diverso.

 

Come hai visto cambiare il teatro negli ultimi quarant’anni? 

L’ho visto cambiare vorticosamente e anche in prima persona. Ho partecipato al primo spettacolo come regista di Luca Ronconi, ho conosciuto il suo genio e il modo in cui la critica lo ha riconosciuto innovatore. Ho partecipato poi ai grandi cambiamenti portati da Carmelo Bene, dove il teatro dava maggior importanza alla corporeità, quasi tralasciando il linguaggio scenico, a volte anche esagerando. Oggi stiamo assistendo ad un ritorno all’ordine, dove vige un rapporto di normalità con il pubblico, dove siamo tornati a rispettare il testo, anzi ad essergli spesso devoti. 

A cambiare in questi anni sono anche le possibilità del fare teatro. Vedo molti giovani di talento, straordinari, che però non hanno alle spalle un apparato teatrale in grado di farli crescere e lavorare. Sono così condannati, per la maggior parte, ad una vita di precareità, e questo è un grande peccato.

 

Oggi, cosa vorresti vedere a teatro?

Vorrei vedere spettacoli in grado di commuovermi. Spesso vado a scovare talenti nei piccoli teatri, è li che germoglia il vero teatro, quello fatto di grandi passioni in grado di riscaldare la platea, di commuovere. Un’energia che invece raramente trovo nei grandi spettacoli, che mi lasciano altresì fredda. L’Italia è una patria di grandi attori ma non li sappiamo valorizzare, a teatro vorrei vedere questo, più più opportunità per questi talenti.

 

 

Enrico Ferdinandi

 

9 giugno 2015

 

Intervista realizzata e tratta da recensito.net

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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