Recensione della mostra The devil’s moustache presso Sacripante Gallery dal 9 maggio al 7 giugno 2019
"Hitler, privo di empatia e compassione per gli uomini, dimostrava invece una grande sensibilità e affettuosità per gli animali. Accanto a Hitler il suo cane, un pastore tedesco, Blondi, sul quale Hitler prova nel 1945 le capsule di cianuro prima di suicidarsi": così recita il testo a corredo del quadro intitolato La mostruosa tenerezza dell'orco e firmato da Heidrun Thate. L’artista tedesca lancia la sua sfida al Male Assoluto, rappresentato dal folle dittatore, con una mostra dall’eloquente titolo The devil’s moustache.
Molteplici sono gli obiettivi che la pittrice si propone. Innanzitutto quello di non nascondere sotto il tappeto la polvere di quello che Adolf Hitler è stato: un uomo. Perché è facile, ai giorni nostri, parlare di mostro o di inumano. Ma anche comodo: ponendolo fuori dalla categoria a cui apparteniamo ci sentiamo in qualche modo rassicurati. Come se ciò che ha fatto non ci appartenesse o riguardasse tutti. Heidrum Thate, invece, ci tiene a evidenziare la cosiddetta banalità del Male, ponendo l’accento su un aspetto che ha avuto un peso enorme nella diffusione del Nazismo: il modo in cui è stata veicolata l’immagine del suo leader. Hitler studiava con attenzione ogni sua mossa, provava a lungo il tono da utilizzare durante i suoi discorsi e, di fatto, diviene icona sebbene negativa. Seguendo la lezione di Andy Warhol, ma basandosi esclusivamente sulla pittura e non sulla serigrafia, la Thate ci consegna un ritratto estremamente realistico dell’autoproclamato führer attraverso uno stile paradossale e giocoso. Le sue tele sono cariche di colori pastello e dettagli volutamente ironici, eppure rimangono inquietanti. Parte della colpa è sicuramente da imputare a quei baffi, a cui fa riferimento il titolo dell’allestimento, che tante volte ci hanno fissati dai libri di storia. Anche loro protagonisti di una tra le epoche più buie dell’intera umanità.
The devil’s moustache ha anche il pregio di istruire l’osservatore, grazie a didascalie precise e puntuali nella loro disarmante sincerità. Come quella de L’ultime costard – Simple chic, che afferma: “La bruttezza fisica di Hitler non gli impediva di essere considerato un uomo seducente e piacevole. Le sue apparentemente buone ed eleganti maniere e il carisma dei suoi discorsi pubblici gli assicuravano una grande popolarità”. O di Sex toys, dove si legge “L’esaltazione di Hitler all’esposizione delle nuove armi-miracolo (Wunderwaffen)”.
La mostra, ospitata negli accoglienti locali della Sacripante Gallery fino al 9 giugno, si rivela provocatoria, estremamente intelligente e coraggiosa: non si sottrae al confronto con un volto tanto noto quanto evitato dall’arte contemporanea. Realizzando quella che, pare, fosse una delle paure più grandi di Hitler prima di suicidarsi: continuare a vivere solo come immagine. La Thate arriva a inserire nel percorso espositivo una gigantesca tela che rappresenta Marilyn Monroe. La sua presenza potrebbe sembrare incoerente ma, in realtà, anche qui c’è qualcosa di disturbante: a ben guardare si nota la presenza di una maschera antigas e di una medusa. Dunque il Male può annidarsi ovunque, anche in ciò che è apparentemente perfetto, come insegna la vita della Monroe. L’American dream, di cui la diva è un po’ il simbolo, ha sconfitto il Nazismo ma ne è davvero immune?
Cristian Pandolfino
15 maggio 2019
informazioni
Didascalia foto in ordine di apparizione:
La mostruosa tenerezza dell’orco
42,5 x 77 cm
L’ultime costard – Simple chic
96 x 114 cm
Sex toys
96,5 x 93,5 cm