Recensione della mostra È arte perBacco dal 25 ottobre al 25 novembre 2018 presso la Tornatora Art Gallery
Nel cuore dell’autunno, a ridosso della Vendemmia, anche in un contesto metropolitano come quello della Capitale, si prova a far rivivere l’atmosfera, i sapori e le immagini della raccolta dell’uva e del suo eccelso prodotto: il vino. È questo lo scopo dell’evento È arte perBacco!, giunto ormai alla VII edizione: all’interno dello spazio della Tornatora Art Gallery, situata nel cuore del quartiere Eur, si coniuga l’arte con il piacere del vino e del buon cibo. Maria Grazia Londrino, direttore artistico della Tornatora Art Gallery ci presenta gli autori delle opere esposte in sala lungo le pareti ben illuminate.
Ci troviamo di fronte a opere più attinenti alla tradizione del figurativo, come nel caso dell’acquerello Il trionfo di Bacco di Remo Faggi che riporta a un soggetto classico nella composizione degno della tradizione rinascimentale. Sempre su questa scia convenzionale possiamo ammirare la Natura morta in olio su tela di Paola Meloni: una rappresentazione calda, che utilizza molto le sfumature di un giallo che riporta all’oro, rendendo la composizione viva, luminosa, festosa. Ancora nel figurativo rientra l’acquerello dai toni delicati e sfumati di Orizzonti di Mario Terranova con in primo piano una bottiglia e un bicchiere di vino e l’apertura sullo scorcio di un paesaggio di viti visibile attraverso un arco, di cui si può solo intuire la vastità. Una mano in primo piano, invece, sorregge una pigna di uva dalle variegate tonalità dal blu scuro al viola chiaro nell’olio su tela I frutti della terra di Catia Lelli. Qui i volumi sono costruiti da chiaroscuri e la presenza della luce che illumina la mano la rende viva e sinuosa, eliminandone l’impersonalità. Infine ammiriamo il paesaggio olio su tela de Il vigneto d’autunno di Luciano Zanelli in cui il colore prevalente è sempre il giallo, la cui solarità sembra stridere con il cielo grigio e triste di un autunno incombente.
Cambiando stile, ci avviciniamo ad una creazione che può essere considerata un frutto fuori stagione nell’ambito della pop-art: Briosa passione di Simona Gabella, realizzata con tecnica mista. Qui una stupenda Liz Taylor nei panni di Cleopatra sorregge un calice di vino in metallo. Bellezza e sensualità femminile sono coniugate al piacere del vino evocato dalla mano alzata che accosta il calice al viso. Rappresentazioni astratte del soggetto della mostra ci vengono da Valeria Mariotti, nella cui creazione macchie di rosso vivo si mescolano con quelle nere e blu, alludendo alla forza e al brio del vino. Paola Bradamante con i suoi Rosato sperimenta l’uso della carta velina bagnata e lasciata ad asciugare autonomamente per dare una forma e un colore tra il rosso, il viola ed il fucsia. Due opere meritano una menzione particolare: la prima è Calice di vino di Giorgia Pecchia, in cui su uno sfondo nero è raffigurata con carboncino bianco solo una mano che sorregge un calice appoggiato su una sinuosa gamba femminile. Tutto il resto è ben intuibile e presente pur non essendo espresso visivamente. È questa la sua particolarità: basarsi sull’evocazione e sulla suggestione di una sensualità accennata, intuita, trasmessa, ma non disegnata.
La seconda è di Giampiero Pierini, che rappresenta scorci di paesaggi di Roma sostituendo l’acquerello con il vino, creando così una nuova tecnica compositiva, quella del “vinarello”, utilizzata in Nasoni di Roma. La capacità creativa del vino si rivela inaspettata, in grado di rendere profondità e sfumature nei toni e di restituire volumi degni dei miglior chiaroscuri.
Dopo la presentazione e la visione della mostra, è stato possibile assaggiare i vini bianchi e rossi dai profumi e dai sapori intensi, prodotti dall’Azienda agricola Buresta Marco Vinicio ai Castelli Romani. Il buffet è stato offerto dalla ristorazione Tornatora, coniugando al piacere della vista quello del palato.
L’evento ci induce un’inevitabile riflessione sugli spazi dedicati all’arte e alla promozione della cultura che, in questo particolare momento storico, ci appaiono spazi di salvezza per la bellezza e lo spirito critico, altrimenti affossati dall’imperante clima di svalutazione della conoscenza e del sapere.
Mena Zarrelli
9 novembre 2018