Domenica, 22 Dicembre 2024
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La luce di Roma: una dimensione altra

Recensione della mostra di La luce di Roma dal 13 settembre al 10 ottobre 2018 all’Auditorium Parco della Musica

 

In una delle location culturalmente più vivaci di Roma, l’Auditorium Parco della Musica, sarà ospitata fino al 10 ottobre la mostra La luce di Roma di Alessandra Giovannoni: un’artista nota nel panorama culturale contemporaneo per la sua personale interpretazione del paesaggio dell’Urbe. Ma all’arrivo all’Auditorium, già all’ingresso principale si rimane disorientati: nessuna insegna ad indicare la mostra. Tra risposte vaghe e percorsi poco chiari viene il dubbio di aver sbagliato location, quando infine si giunge al foyer della Sala Sinopoli, spazio dedicato agli 8 quadri dell’artista.

Al primo impatto visivo si avverte subito qualcosa che stride però con la collocazione delle opere: questo luogo dedicato all’intrattenimento e al passaggio non sembra valorizzare molto le tele, poste per lo più ai lati delle scale, per cui non subito visibili ai visitatori – siano essi volontari, casuali o in attesa di entrare in sala. La prima impressione è che i quadri siano appoggiati là quasi per caso: tuttavia l’occhio attento e avvezzo al bello non può, persino se di sfuggita, sottrarsi all’incontro con le tele, perché di incontro intenso, intimo, si tratta ogni volta che i nostri occhi si poggiano su un’opera d’arte. È l’incontro con il mondo dell’artista, con i suoi valori etici ed estetici.

Alessandra Giovannoni ama i paesaggi, sono loro il fulcro della sua produzione: ma quali paesaggi e in che modo vengono da lei elaborati e trasfigurati? Sono alcuni tra i più noti panorami di Roma ma rappresentati da scorci poco scontati o prevedibili, spostando la prospettiva su particolari apparentemente secondari. È il caso della Basilica di Santa Maria Maggiore nel quartiere Esquilino di cui viene enfatizzato il dettaglio della scala a sinistra, mentre il blocco architettonico centrale è solo accennato. Di Ponte Margherita troviamo in primo piano la scala bianca mentre di Ponte Umberto la pista ciclabile sottostante. La presenza dell’Ara Pacis, nella tela che porta il suo nome, è intuibile sullo sfondo a destra del dipinto: in evidenza ci sono due strade e le strisce pedonali che si incrociano.

In un altro dipinto Ponte Sant’Angelo e Castel Sant’Angelo sono sullo sfondo, con contorni indefiniti e da essi ci separa il verde Tevere. L’artista ricorre per lo più a campiture di colore piatto, spesse, che rendono queste tele materiche, con l’uso massiccio del bianco puro, brillante che contrasta col simultaneo uso di colori scuri, ben evidente in Santa Maria Maggiore o in Ponte Margherita o in Ara Pacis. La presenza di ombre accennate ma che spariscono davanti al colore puro, evidente soprattutto in Ponte Umberto, ricreano atmosfere “dechirichiane”, di chiara ispirazione Metafisica, con una tecnica pittorica che discende dai Macchiaioli. Nel dipinto Piazza Fiume, invece, la realtà è difficilmente riconoscibile, appare completamente trasfigurata dagli occhi dell’artista che hanno eliminato il caos, il traffico e la presenza umana, su uno sfondo di edifici che hanno perso la loro identità. Nelle opere è raffigurata una Roma assolata, estiva, dove la presenza umana quasi svanisce o appare in chiave stilizzata, in un istante fuori dal tempo che sembra sospeso. Siamo di fronte a una Roma che di oggettivo ha ben poco: una dimensione altra, filtrata e trasfigurata dallo sguardo e dalla sensibilità di Alessandra Giovannoni.


Mena Zarrelli

25 settembre 2018

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 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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