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Redazione

Estremo centro: un nobile tentativo mal riuscito

Recensione dello spettacolo Estremo centro in scena al Teatro Arcobaleno il 15 maggio 2017

Una bambola dai molti padri, che non ricorda più quello vero né il suo nome: da tutti viene chiamata Fantasy, e lascia intuire come sia stata utilizzata per fini non proprio nobili. Vuole, però, raccontare la sua storia: in Totàlia, stato della più vasta Eutropia, la popolazione non se la passa bene. Mal governo e biechi interessi personali, uniti alla fondamentale apatia dell’elettorato hanno reso il Paese un ideale campo di battaglia per due schieramenti politici: il primo vorrebbe porsi a difesa dei più deboli ma praticamente è capitanato da Zerilio (Gianluca Passarelli), talmente attaccato alla poltrona da aver perso l’uso delle gambe, finendo così su una sedia a rotelle; il secondo, i cui valori sono la difesa della patria, dei confini e della bellezza, meglio se a colpi di chirurgia estetica, ha come leader Meganotto (Luigi Testoni).

In realtà, lo scontro tra i due è pura apparenza: entrambi, infatti, sono diretta emanazione di Àcabra (Francesca Romana Verzaro), una perfida strega che da sempre alimenta catastrofi come la guerra e l’ingiustizia sociale per mantenere ben saldo il suo potere sugli umani. Forte della sua secolare esperienza e perfettamente in grado di allinearsi alle più attuali forme di manipolazione del popolo, la fattucchiera capisce che è tempo di orchestrare una finta alleanza tra i due schieramenti, definendola argutamente estremo centro. Un incantesimo d’amore farà sì che i due ex rivali divengano improvvisamente inseparabili ma l’atavico assenteismo che impera nell’Urlatoio, luogo preposto alla Democrazia, e un inaspettato residuo di pacifismo renderanno il suo progetto un po’ più complicato da realizzare.

Estremo centro, scritta da Alessandro e Renato Pace - rispettivamente padre e figlio - è una favoletta che si pone il difficile obiettivo di ironizzare e far riflettere sulle dinamiche della politica, sull’abbaglio dell’alternanza tra uno schieramento e l’altro, sull’illusione di poter scegliere da che parte stare. Lo fa con un linguaggio che vorrebbe stimolare la capacità critica ma finisce per fare il verso al più riuscito Stefano Benni e, addirittura, a far rimpiangere il peggior Marco Travaglio. Optare per il genere fiabesco, inoltre, rischia di scontentare qualunque pubblico: quello più adulto per l’eccessiva semplificazione di importanti temi non supportata da una scrittura all’altezza, quello più infantile per la complessità dell’oggetto trattato. Non aiuta nemmeno la commistione con altre opere, come l’evitabile riferimento a Romeo e Giulietta in chiave gay, la salomonica soluzione biblica in fatto di bambini contesi o l’evocazione di sinistre leggende secondo cui nell’epoca dei Lumi i nobili erano soliti pascersi delle morbide carni dei figli dei più poveri.
Sicuramente mossi dai migliori intenti - tanto che l’incasso della replica presso il Teatro Arcobaleno è interamente devoluto a sostegno dell’associazione Sulla Strada Onlus - i due autori hanno dato vita a un’opera facilmente definibile come amatoriale. I tre attori, seppur volenterosi, anche a causa del testo non riescono a discostarsi di molto dal suddetto livello. Lo stesso può dirsi di alcune soluzioni sceniche, come l’origine della bambola e in che modo la vicenda si conclude. Ovviamente fare teatro è ben altro.

Cristian Pandolfino

17 maggio 2017

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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