Giovedì, 02 Maggio 2024
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La scomparsa di Majorana al Teatro Arcobaleno. Un mistero irrisolto, tra scienza e etica

Recensione dello spettacolo La Scomparsa di Majorana in scena al Teatro Arcobaleno dal 12 al 14 aprile 2024

Alla domanda“Come si può essere siciliano?”

un siciliano può rispondere: “Con difficoltà”.

Leonardo Sciascia

 

Ettore Majorana è stato un giovane e geniale fisico siciliano che negli anni Trenta aveva lavorato nel gruppo di ricercatori di Enrico Fermi a Roma, celebre come “i ragazzi di via Panisperna”, che studiavano la possibilità della fissione nucleare. A 32 anni, Majorana si imbarca su una nave che da Napoli è diretta a Palermo, lasciando due lettere nelle quali annuncia la propria scomparsa. Majorana non sbarcò mai a Palermo, il suo corpo non venne mai ritrovato e venne considerata come più plausibile l’ipotesi del suicidio in mare causato da una forte nevrosi. In seguito si disse che fosse stato rapito e che si trovasse in Venezuela.

Il caso portò non poco scompiglio nella comunità scientifica, le indagini si conclusero rapidamente, lasciando tuttora il mistero su cosa sia davvero successo. Ed è il mistero che incita Sciascia ad avviare la propria inchiesta e a conferire un senso a tale scomparsa. 

Gli scritti di Leonardo Sciascia, l’individualità di Ettore Majorana, l’etica come elemento fondamentale della scienza, sono il nodo intricato dello spettacolo teatrale in scena al teatro Arcobaleno, attraverso la trasposizione teatrale di Fabrizio Catalano, nipote di Sciascia.

In una notte del 1945, in un imprecisato ospedale di provincia, una dottoressa ex partigiana e un detective indagano sull’identità di un viandante che non vuole rivelare la sua identità, ma che tutti pensano appartenga al fisico scomparso. La figura del presunto Majorana – identificato con un monaco certosino - fa i conti costantemente con un viaggio segreto, racconti sul filo della memoria personale che s’intessono su quella storica, manifestando, dunque, quella specifica etica della narrazione che aderisce alla realtà e la traveste di drammaturgia: non abbellendola, sicuramente non alterandola, di certo facendola trasmigrare.

Gli attori Alessio Caruso (il presunto Majorana), Giada Colonna (la dottoressa), Roberto Negri (il commissario) e Loredana Cannata (Laura Fermi, la moglie del premio Nobel) sono un quartetto molto ben affiatato sia nei dialoghi che nel movimento scenico.

Ma il vero senso dello spettacolo di Fabrizio Catalano, nipote di Sciascia, sta nell’indagine, nella ricerca di qualunque possibile indizio. La ricostruzione dei fatti passa attraverso l’analisi del linguaggio dei verbali di polizia, oppure attraverso suggestioni letterarie (Proust, Stendhal e molti altri autori) che forniscono quadri di riferimento, modelli di interpretazione. Un lavoro lontano dall’oggettività di una ricostruzione storica, e che al tempo stesso rinuncia alle facili scappatoie dell’invenzione. Il commissario indaga la natura della relazione tra il gruppo dei “ragazzi di via Panisperna” e il giovane Ettore, evidenziando una differenza profonda: che Fermi e “i ragazzi” cercavano, mentre lui semplicemente trovava. Per quelli la scienza era un fatto di volontà, per lui di natura. Un segreto fuori di loro – da colpire, da aprire, da svelare – per Fermi e il suo gruppo. E per Majorana era un segreto dentro di sé, al centro del suo essere; un segreto la cui fuga sarebbe stata fuga dalla vita, fuga della vita.

La scenografia essenziale, ma funzionale è di Katia Titolo, che segue il percorso narrativo e le musiche di Fabio Lombardi e le luci di Marcello Mazzocco completano una rappresentazione che nel suo iniziale scopo divulgativo tiene la suspence.

Lo spettacolo di Catalano indaga la complessità storica e umana di una delle vicende più significative del Novecento, attraverso la ricostruzione biografica di due grandi protagonisti della scoperta della fissione nucleare e a quel potenziale distruttivo che avrebbe poi portato alla creazione della bomba atomica sganciata su Hiroshima. Conscio di questo, secondo la ricostruzione teatrale, Majorana avrebbe deciso di “sparire”, recusando il suo ruolo di scienziato per non prendere parte a questo destino, o meglio, per non dover affrontare le conseguenze di una scelta tra scienza e etica. La convinzione di Sciascia nasce non da prove certe, ma dalla personalità dello scienziato, dalle sue motivazioni esistenziali, dalle sue convinzioni morali e religiose, dalla sua etica. Dalla sua visione nefasta del futuro. Dal loro esser siciliani.

Il nocciolo del discorso, ben evidenziato dai dialoghi, era però un altro ed era proprio ciò che aveva irritato di più gli scienziati: immaginando che Majorana si fosse ritirato di sua spontanea volontà in un monastero, Sciascia supponeva che il corso della scienza verso la bomba di Hiroshima non fosse inesorabile e che gli scienziati, volendo, avrebbero avuto la possibilità di dirottare la propria ricerca scientifica.

Il dibattito tra scienza ed etica non trova una soluzione né sul piano politico né su quello storico, ma il messaggio che ci lascia lo spettacolo è di continuare a prenderne parte, di non dimenticare il passato e trovare nuovi interrogativi per renderlo sempre attuale, anche attraverso la drammaturgia.

In fondo, l’incapacità di stare in un solo schieramento è il tratto distintivo sia di Oppenheimer sia di Majorana. La Storia non è fatta da demoni e eroi, ma da chi riesce a essere entrambi.

 

 

Alessandra Perrone Fodaro

14 aprile 2024

 

Informazioni

Teatro Arcobaleno

La Scomparsa di Majorana di Leonardo Sciascia

trasposizione teatrale e regia di Fabrizio Catalano

con Alessio Caruso, Loredana Cannata, Roberto Negri, Giada Colonna

aiuto regia Giulia Avino

Scene e costumi Katia Titolo

Luci Marcello Mazzocco

musiche Fabio Lombardi

direttore di scena Michele Ferlito

 

In scena dal 12 al 14 aprile 2024

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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