Venerdì, 03 Maggio 2024
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Sanremo 2024: una prima serata all’insegna dell’omologazione

Recensione della prima serata del Festival di Sanremo 2024

 

Amadeus, piaccia o non piaccia, è uno che di musica se ne intende essendosi formato in radio e a colpi di conduzione di DeeJay Television e Festivalbar. Non stupisce, dunque, sia riuscito dove tanti prima di lui avevano fallito: creare un interesse trasversale a livello di generazioni intorno al Festival di Sanremo. Che, se è specchio musicale di un Paese, non stupisce pare avere come parola d’ordine dell’edizione 2024 l’omologazione. Lo si capisce a partire dal ritmo e dai cantati dei pezzi portati in gara, specie tra i partecipanti uomini, e finendo con gli stylist che fanno trionfare il bianco a vanvera e il nero soprattutto se sbrilluccicante. Persino quelli che a un primo sguardo osano lo fanno solo in apparenza: come i La Sad che si presentano con un look punk per snocciolare un brano – Autodistruttivo - che per banalità di testi e musica fa rimpiangere gli 883. Almeno i bnqr44 con Governo punk sembrano usciti da un rave party di inizio 2000 e di quello cantano. Ciò capita quando il motivo per cui un artista è sul palco dell’Ariston, promuovere una canzone e se stesso, combacia con una serie di nomi tra gli autori che si ripetono presentazione dopo presentazione: in questo modo l’effetto “già sentito” non riguarda solo il classico “mi ricorda un altro pezzo che fa così” ma persino il brano precedente o successivo. 

Voci generalmente non pervenute: quasi tutti gli uomini parlano, come se cantare fosse un optional, e se lo fanno lo fanno male: vedi Sangiovanni, Gazzelle, Dargen D’Amico, Fred De Palma, Alfa, Il Tre. Geolier, in particolare, con I p' me, tu p' te fa rimpiangere i tempi in cui la musica napoletana o era grandiosa o era relegata al circuito degli appassionati. A battersi per il premio retorica si scontrano Spettacolare di Maninni e Due altalene di Mr. Rain, quest’ultimo favorito dalla didascalica messinscena che lo contraddistingue anche in questa edizione. Meglio Ghali, che con Casa mia perlomeno ha qualcosa da dire, e un Mahmood che su Tuta gold ribadisce il pregio e il difetto di aver reso pop questa tendenza. Tra quelli che sanno cantare si sarebbe rinunciato volentieri a quei giovani vecchi de Il Volo e rispettiva Capolavoro, così come dell’ennesima lagna zeppa di pathos accessorio dei Negramaro: una Ricominciamo tutto a cui vien da rispondere anche no. Compitino portato a casa grazie a Pazzo di te per Francesco Renga e Nek, sempre bravi anche se non memorabili Irama con Tu no e Diodato con Ti muovi, mentre i The Kolors con Un ragazzo una ragazza cercando di riscuotere dal successo di Italodisco. Si fa un salto di qualità con i Santi Francesi che, nonostante un sound evidentemente datato anni ’80, con L'amore in bocca sono una ventata di aria fresca rispetto a tanta pseudo house con cassa dritta. 

Per quanto concerne i veterani: Ma non tutta la vita dei Ricchi e Poveri urla crisi di mezza età fuori tempo massimo mentre Loredana Bertè delude con una variazione di Dedicato. Molto più in forma Fiorella Mannoia, che si presenta con un abito da sposa a giocare con il testo della sua gradevole Mariposa. 

Passando alle altre donne in gara, spiace constatare come tutte le nuove leve provino a fare Madame con una spruzzata di Elodie: da BigMama a Rose Villain passando per Clara. Quest’ultima, se non altro, con Diamanti Grezzi dimostra di essere intonata. Un discorso a parte va fatto per quattro tra le più famose figlie di Maria De Filippi: Alessandra Amoroso tedia con Fino a qui, Emma suona meno sguaiata del solito con Apnea mentre Annalisa, eterna seconda dopo aver perso Amici e sempre bassa in classifica fin quando ha presentato brani di qualità, meriterebbe di vincere non solo perché Sinceramente è il tormentone Sanremese perfetto da presentare all’Eurovision Song Contest ma anche come giusta ricompensa per aver svenduto la sua anima musicale. Poi c’è Angelina Mango, prova che il talento non sia un qualcosa di strettamente genetico: figlia, in realtà, di Mango e di Laura Valente sorprende ancora una volta per la mediocrità di quanto proposto. Salvo che La noia – coautori la stessa Madame e l’ormai onnipresente Dardust - non fosse un intento oltre che il titolo della sua canzone. 

Chi ha vinto questa prima serata? Marco Mengoni: molto più a suo agio come presentatore di quanto si aspettasse, ricorda ad Amadeus che con trenta canzoni in gara è il caso di affrettarsi senza perdere tempo e quando impugna il microfono fa tornare in mente uno dei motivi per cui un cantante dovrebbe essere definito tale. 

 

 

Cristian Pandolfino

7 febbraio 2024

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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