Recensione dello spettacolo ‘Il giorno del mio compleanno’ in scena al Teatro Piccolo Eliseo dal 15 novembre al 2 dicembre 2018
Efficace e diretto: queste sono due delle caratteristiche che contraddistinguono il testo di Luke Norris che la Khora Teatro ha portato in scena al Piccolo Eliseo dopo il successo riscosso al Napoli Teatro Festival la scorsa estate. Probabilmente ricco di spunti e riferimenti personali dal gusto un po' autobiografico dato il carattere schietto e genuino della sceneggiatura, ‘So here we are', questo il titolo originale, che in italiano è stato adattato come ‘Il giorno del mio compleanno’, si rivela fin da subito un’opera spontanea, genuina e reale. L’azione si svolge ai nostri giorni in una non ben specificata provincia fatta di situazioni familiari, di quotidianità e di verità perché proprio dalla vita reale attinge l’autore per restituire al pubblico l’idea di vedere in scena frammenti che sanno di un vissuto comune, in cui tutti si possono identificare.
Quando è la realtà a mostrarsi in scena ha sempre un sapore un po' agrodolce: Noce, Puh, Pic e Dany sono quattro ragazzi come tanti, con la loro vita, le loro relazioni, i loro sentimenti, le paure e le delusioni ma con un amico in meno con il quale condividevano una delle tante passioni, quella del calcetto. Con Frankie non sarà più possibile giocare a calcio perché si è schiantato con l’auto e non c’è più. Questa assenza, improvvisa, ingiusta e che era forse possibile evitare, incombe sulle loro vite come una pietra pesante, ma il gruppo, più che reagire al lutto in sè, cerca di trovare la forza di accettare e capire quello che si nasconde dietro la morte del loro amico. Proprio in occasione del suo funerale decidono, anche insieme alla fidanzata di Frankie, di dargli un ultimo saluto lanciando dei palloncini verso il cielo: una strana e insolita ‘riunione’ attraverso la quale il pubblico coglie l’occasione per conoscere meglio e capire i caratteri dei personaggi sul palco, i loro modi di agire e si arriva insieme, pubblico e attori, a intuire quello che nessuno ammette esplicitamente in scena, ovvero quella verità nascosta che, se pronunciata a voce alta, fa paura. È questa paura per la verità che si cela dietro la morte del loro amico, che alcuni di loro hanno intuito, a sconvolgerli realmente più del lutto stesso, che in sè non risulterebbe tanto disturbante ma che, anzi, calato nelle loro vite appare quasi comico. Il lutto diventa, quindi, lo spunto per percorrere a ritroso le ultime ore di vita di Frankie affinché anche lo spettatore possa capire il ruolo e il rapporto che questo personaggio aveva con gli altri quattro e con la sua ragazza e cosa potrebbe aver causato davvero la sua morte.
Un applauso, lungo quanto quello avuto in teatro, se lo meritano davvero i giovani protagonisti dell’opera diretta da Silvio Peroni: Giovanni Arezzo, Antonio Bandiera, Laurence Mazzoni, Federico Gariglio, Luca Terracciano e Grazia Capraro non solo hanno dato prova di aver compreso e fatto proprio il testo di Luke Norris, ma sono anche riusciti a calarsi completamente nei panni dei personaggi con cui, immaginiamo, abbiano trovato significativi punti di contatto visto il modo efficace con cui ne hanno riproposto la personalità.
I dialoghi naturali, senza fronzoli, fatti di un gergo tipico della gioventù che l’autore intende rappresentare, riflettono lo spaccato di vita quotidiana in cui si muove il gruppo di amici, persone comuni fatte di un’ordinarietà piena di insicurezze e timori, ma che sono pronte a compiere passi importanti nella vita. Particolarmente efficace la scenografia, esseziale ma significativa, che tende al minimalismo per coadiuvare i cambi di scena dal ritmo quasi cinematografico, così come significative sono le scritte luminose che scandiscono il tempo che passa e che torna indietro rispetto all’azione diegetica. Il racconto inizia con quella che dovrebbe essere la fine della storia, ovvero il funerale, per poi ripercorre all’indietro le ultime ore di vita in cui Frankie stava mettendo in discussione tutto quello che era stato fino ad allora, perché nel giorno del proprio compleanno tutti tendono a tirare le somme di quello che è stato e fantasticano su ciò che verrà in futuro.
Diana Della Mura
24 novembre 2018