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Il Mercante di Venezia, catastrofe o lieto fine?

Recensione dello spettacolo Il Mercante di Venezia in scena al Silvano Toti Globe Theatre dal 24 agosto al 10 settembre 2017

Cos'è che rende Il Mercante di Venezia un testo sempre così affascinante? I motivi sono vari e sono quelli che scaturiscono dal contesto dell'opera.
Esalta primo fra tutti l'amicizia, seguito dal tema dell'amore, del credo religioso, dell'odio e da una punta di antisemitismo che ruota attorno alla figura di Shylock, personaggio cardine – almeno in questa versione di Loredana Scaramella – della vicenda. La sua negatività porta in certi momenti a considerare il testo non come una commedia, ma come il suo contrario; la caratterizzazione del personaggio è talmente prevaricante da offuscare tutto il resto, finanche il protagonista vero e proprio che dà il titolo alla rappresentazione, Antonio.
Antonio e Shylock rappresentano i due bracci della bilancia della giustizia, coloro che incarnano il bene e il male, lo scontro delle religioni. Shylock è la crudeltà fatta a persona e Antonio la carità cristiana per eccellenza.


È lui il mercante di Venezia (Fausto Cabra) che si presta a fare da garante al fedele compagno Bassanio (Mauro Santopietro) costretto a chiedere un prestito a Shylock (Carlo Ragone), usuraio ebreo, per corteggiare Porzia (Sara Putignano) di cui è innamorato, ricca ereditiera di Belmonte. La donna non possiede né libertà di scelta, né liberta di rifiuto del suo futuro marito: costretta dalla volontà del defunto padre, i suoi pretendenti sposi dovranno scegliere lo scrigno giusto tra tre differenti possibilità (oro, argento, piombo). Il principe del Marocco (Paolo Giangrasso) sceglie lo scrigno d'oro e il principe d'Aragona (Diego Facciotti) sceglie lo scrigno d'argento. È Bassanio a scegliere lo scrigno di piombo, il meno pregiato dei tre, ottenendo il diritto di sposare Porzia, innamorata anch'ella di lui, mentre l'amico di Bassanio, Graziano (Antonio Tintis), sposa la sua ancella, Nerissa (Loredana Piedimonte). Come segno d'amore i due amici ottengono dalle rispettive mogli degli anelli promettendo loro di non privarsene mai finché l'amore li terrà uniti.
Nel frattempo succede ciò che Bassanio aveva scongiurato che accadesse: le tre navi di Antonio, che dovevano recare a Venezia ricchezze tre volte superiori al debito contratto con Shylock, risultano disperse in mare, ragion per cui l'amico non ha scampo: aveva promesso a Shylock, firmando un contratto redatto innanzi ad un notaio, che qualora non fosse riuscito ad onorare la sua obbligazione avrebbe pagato con una libbra di carne del proprio corpo. La furia di Shylock è accresciuta dal fatto che la figlia Gessica (Mimosa Campironi) è fuggita dalla casa paterna – aiutata da Lancillotto suo servo, alias Federico Tolardo – per sposare un cristiano amico di Antonio e Bassanio, Lorenzo (Diego Faccinotti), portando con sé duemila ducati. A fronte dell'umiliazione subita Shylock, quindi, reclama innanzi al tribunale la sua penale: dovrà prelevare dal corpo di Antonio una libbra di carne dal suo petto.
Il processo ha inizio, ma a far da avvocato e da scrivano innanzi al Doge (Roberto Mantovani) sono rispettivamente Porzia e Nerissa camuffate agli occhi di tutti per salvare le sorti di Antonio. Porzia/Baldassarre ci riesce, da contratto v'è scritto che sì Shylock potrà ottenere la sua penale ma senza versare una goccia di sangue, in caso contrario tutti i suoi beni andranno divisi tra Antonio e lo Stato e lui condannato a morte. Il Doge gli concede in grazia la vita e Shylock rinuncia alla sua parte purché venga ceduta, alla sua morte, in eredità alla figlia Jessica. Inoltre si stabilisce che Shylock debba convertirsi al cristianesimo, pena assai più pesante per l'usuraio che, ormai sconfitto, rinuncia ai suoi propositi.
Solo a questo punto la commedia assume i risvolti più comici dati dall'inganno/travestimento di Porzia e Nerissa. Bassanio, infatti, per ringraziare Baldassarre per aver salvato l'amico gli chiede come può sdebitarsi. Il finto avvocato gli chiede solo il suo anello. Dapprima esitante, a causa del valore affettivo che lo lega all'oggetto, Bassanio gli spiega che non può cederglielo; poi, spinto dall'onore e dalla gratitudine, finisce per offrirglielo. Lo stesso è obbligato a fare Graziano per lo scrivano/Nerissa.
A fine commedia l'equivoco dell'avvocato e dello scrivano vien presto chiarito, così come vengono svelate le loro identità. Bassanio e Graziano ritornano in possesso dei loro anelli, mentre si scopre che le navi di Antonio in realtà stanno giungendo sane e salve al porto di Venezia.
Tutto è bene quel che finisce bene, quindi? Forse sì, ma forse anche no. Resta un'ombra che permea la commedia ed è la triste fine di Shylock. Un finale che lascia un po' smarriti, una sensazione dovuta dalla (errata) convinzione di considerarlo come personaggio principale e che sia proprio lui a soccombere invece che gli altri. Nonostante la sua perfidia e la sua crudeltà è un personaggio che resta sul palcoscenico, anche quando la sua presenza diventa assenza, merito anche della straordinaria capacità attoriale di Carlo Ragone e dei costumi curati da Susanna Proietti. Rispetto al resto del cast, infatti, Ragone si distingue per i suoi indumenti scuri, come fossero studiati apposta per far emergere il personaggio dal resto del gruppo; un personaggio che suscita anche pena, dispiacere, essendo l'unico ad aver perso tutto rispetto agli altri che, invece, hanno tanto di guadagnato.
Ottima interpretazione anche di tutti gli attori, nondimeno di Federico Tolardo nel ruolo (spassosissimo) di Lancillotto, con musiche straordinarie curate da Stefano Fresi ed eseguite dal vivo – anche durante l'intervallo – dal Trio William Kemp (Adriano Dragotta, violino, Lorenzo Perracino, sassofoni, Franco Tinto, chitarra).
Un testo ambiguo, dunque, ancora attuale, con spunti di riflessione sul tema della giustizia, la tolleranza, la religione, il tradimento (se di tradimento si può parlare il travestimento di Porzia e Nerissa), la carità. Un testo sempre molto affascinante destinato a rimanere così immutato nei secoli.

 

Costanza Carla Iannacone
9 settembre 2017

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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